PIETRO BERNINI A LUCERA: UN CONFRONTO “PARLANTE” L’analisi stilistica del rilievo della Vergine delle Grazie di Lucera riconduce alla mano del grande maestro della scultura italiana
Lucera, universalmente nota come città del gotico, ovvero per il suo illustre passato romano, si sta imponendo nel panorama meridionale come una delle roccaforti della cultura barocca. E’ questa la riflessione principale emersa nel corso del convegno “Pietro Bernini a Lucera. Un inedito capolavoro della scultura napoletana di primo Seicento” organizzato dal Club UNESCO ‘Federico II’ al Circolo Unione di Lucera il 7 novembre 2015 nell’ambito del V ciclo di incontri “Lucera Barocca. Itinerari artistici in Capitanata”, che ha confermato la paternità berniniana di un’opera scultorea, presente nel Duomo dell’Assunta, imperniata intorno ad un rilievo marmoreo raffigurante la Madonna con Bambino, con in basso due figure di anime purganti che implorano la liberazione dalle fiamme purificatrici.
Recenti scoperte archivistiche e nuove acquisizioni su base attributiva concorrono a rendere meno sfumato il quadro delle conoscenze relative alla straordinaria fioritura delle arti registratasi in Capitanata, e a Lucera in particolare, in età barocca. Queste conoscenze oggi risultano più nitide grazie al contributo di autorevoli studiosi, spesso esterni all’ambito regionale, ben consapevoli della eccezionalità di questo patrimonio e della sua consistenza in termini qualitativi e quantitativi. Un patrimonio in gran parte ancora inedito, la cui scoperta avviene giorno dopo giorno, e la cui consistenza è avvalorata tanto da documenti d’archivio quanto da attribuzioni, talvolta così evidenti da rendere possibile l’assegnazione di un’opera ad un determinato artista (o quantomeno alla sua bottega) anche sulla base di “confronti parlanti”, vale a dire di ‘lampanti’ concordanze di caratteri stilistici.
Nel convegno del 7 novembre scorso le affinità compositive tra l’altorilievo della Basilica Cattedrale di Lucera, accuratamente documentato per via stilistica, ed altre importanti opere del maestro toscano Pietro Bernini è stato ribadito dallo storico dell’arte prof. Mario Panarello (Università della Calabria), già autore dell’articolo Modelli toscani nel meridione. Riflessioni attorno ad alcune opere di Pietro Bernini, Tommaso Montani e Giovan Domenico Monterosso, in «Esperide, Cultura artistica in Calabria. Storia, Documenti, Restauro», IV, 1-2, 2011 (2014), pp. 14-39, a cui si rimanda per ogni approfondimento sul tema.
Per lo studioso calabrese, l’elegante figura della Vergine delle Grazie che sostiene con un braccio il vivace e scattante Gesù Bambino e con l’altra mano svela il proprio seno, è la prima opera di Pietro Bernini finora “scoperta” in Puglia, regione in cui le opere scultoree di importazione napoletana sono davvero pochissime, avendone esempi solo a Bari (monumento a Bona Sforza), Barletta (San Giovanni Battista) e Altamura (San Vito).
Nell’introdurre il relatore, lo storico dell’arte Christian de Letteriis, assai noto e apprezzato dall’attento e numeroso pubblico in sala, forniva una prima chiave di lettura della “scoperta”: a Lucera non deve destare scalpore la possibile presenza di un’opera del Bernini. Ciò in quanto le responsabili e dinamiche relazioni che fra tardo ‘500 e ‘600 la nobiltà lucerina (incluso il suo clero regolare e secolare e, più tardi, alcune potenti corporazioni di laici) seppe tessere con le principali botteghe napoletane è noto da tempo noto. Non a caso, in questo periodo, nelle cappelle gentilizie del Duomo di Lucera è attestata la presenza di artisti di chiara fama: dai pittori Girolamo Santacroce, Ippolito Borghese e Fabrizio Santafede, ai frescanti Belisario Corenzio e Avanzino Nucci, agli architetti e marmorari Cristoforo Monterosso e Giovanni Vannelli.
Questo flusso incessante divenne particolarmente significativo in età barocca, allorché la città di Lucera, con i suoi straordinari luoghi di culto, fu destinataria dei prodotti delle più accorsate botteghe napoletane.
Ma veniamo ai grandi nomi che stanno emergendo alla luce di sempre maggiori e continue scoperte archivistiche e attributive.
Nel chiarire molti aspetti della vicinanza tra la scultura e la pittura negli anni a cavallo tra Cinque e Seicento, nel corso della sua relazione il prof. Panarello ha motivato le ragioni che lo portano ad ascrivere il rilievo di Lucera, concepito come una sorta di dipinto, alla produzione di Pietro Bernini (1562-1629), raffinatissimo maestro, nativo di Sesto Fiorentino, ma attivissimo dapprima a Napoli e poi a Roma, noto non solo per le sue qualità esecutive e, diciamo pure, poetiche, ma per aver dato i natali al grande Gian Lorenzo, il padre del Barocco, nato a Napoli nel 1598 da Pietro e Angelica Galante. La chiara evidenza dei confronti con opere documentate del celebre scultore fiorentino rende infatti molto plausibile l’accostamento tra il monumento di Lucera e la mano del maestro.
Datata 1605, e dunque ascrivibile all’ultima fase del periodo “napoletano” di Pietro Bernini (1584-1605), da tempo posta nella cappella di S. Maria Patrona, anche se in origine doveva essere collocata, con molta probabilità, in un luogo più in vista, la scultura marmorea ad altorilievo della Madonna delle Grazie è inquadrata, come una pala, sull’arca tombale di Giulio e Ascanio Mozzagrugno, a quell’epoca tra i più illustri e benemeriti cittadini di Lucera. Significativo il ricordo di Ascanio che fa lo storico lucerino Alfonso La Cava [Un comune pugliese nell’età moderna, in «A.S.P.N.», XXIX n.s., LXVIII (1943), p. 38] allorché riporta che nel 1601 egli propone «di mettere a monte metà o addirittura tutto il frutto del terraggio», e quando esso non bastasse per redimere la città, di porre «altri pagamenti sopra tutti li beni de li cittadini, pur che siano generali», offrendo egli per primo «non solo la sua robba in servitio della città, ma la propria vita».
Il monumento funebre si compone di più parti; alla sua realizzazione dovettero infatti intervenire più di un artista: Pietro Bernini (autore della Vergine con Bambino, delle due anime purganti e dei due splendidi genietti funebri ai lati dell’arca marmorea), ma anche Michelangelo Naccherino (1550-1622), uno dei massimi scultori del Viceregno napoletano. A quest’ultimo, anch’egli fiorentino e molto attivo nella città di Napoli, seguace del Giambologna e collaboratore di Pietro Bernini a Napoli (fontane monumentali del Nettuno e del Gigante) spetterebbero per il prof. Panarello i due busti-ritratto dei committenti. Solo un grande professionista della scultura come il Naccherino, invero, poteva rendere appieno le impercettibili sfumature presenti nel volto di due gemelli omozigoti.
Ma ciò che rende ancor più convincente la corrispondenza tra l’opera lucerina e il pittoricismo delle sculture di Pietro Bernini è l’esame dei dettagli artistici del rilievo, svolto alla luce delle inconfondibili qualità esecutive che contraddistinsero la produzione del maestro toscano e di pochissimi altri artisti di questo periodo (tra questi, in Toscana, Giovan Battista Caccini): la sensibilità plastica e la morbidezza del tratto; il soffice effetto atmosferico dello sfumato, di ascendenza leonardiana, ottenuto con una tecnica peculiare della produzione del Bernini padre, che rendeva i ritratti “palpitanti di vita”; l’effetto di lucidissima levigazione, che rende i panneggi come “bagnati”. L’autografia del rilievo è data, infine, dalla accurata ricercatezza dei panneggi, dove non manca il raffinato effetto dei “vortici”, con le capigliature e, in altri casi, le barbe “ovattate” dei personaggi, simili a cirri di nuvole.
L’opera di riferimento dell’Immagine di Lucera è sicuramente il grande rilievo marmoreo dell’Assunta realizzato da Pietro Bernini a Roma nel 1607, destinato ad impreziosire l’esterno della Basilica di Santa Maria Maggiore, ma poi collocato all’interno della Cappella del Battistero. Il confronto tra il capo dell’Angioletto di Roma e quello del Bambinello di Lucera è davvero “schiacciante”. La stessa “vibrazione” permea le due figure, un virtuosismo reso attraverso gli effetti di levigazione e di sfumatura, a cui si è fatto cenno, nella cui esecuzione il Bernini rimane maestro insuperabile.
Per i due mezzibusti marmorei del monumento, contraddistinti da un’indagine di estrema delicatezza nella resa delle sottili variazioni fisionomiche dei due gemelli, il confronto significativo, ma non definitivo, è possibile invece con la grande perizia scultorea con cui il Naccherino ritrasse il marchese Cusano, Bernardino Borrionuovo y Peralta, nel monumento della chiesa di San Ginés a Madrid.