Visita a Tivoli alla Villa Adriana e alla Villa d’Este
Sabato 27 e domenica 28 ottobre i soci e i simpatizzanti del Club Unesco Federico II di Lucera si sono recati in gita a Tivoli (RM), dove hanno ammirato i due siti patrimonio dell’umanità di Villa Adriana e Villa d’Este e goduto dell’incantevole spettacolo naturalistico di Villa Gregoriana, scavata ai piedi dell’antica acropoli di Tibur (Tivoli). Nel viaggio di ritorno gli stessi hanno fatto tappa all’abbazia cistercense di Casamari (FR).
Brevi cenni storico-artistici sui siti visitati:
VILLA ADRIANA
I monumentali e suggestivi resti della Villa voluta dall’imperatore e filosofo Adriano si estendono su decine di ettari e riservano continue sorprese. All’interno dell’area archeologica spazi espositivi ospitano mostre che approfondiscono gli studi sulla Villa. In estate la Villa ospita iniziative culturali.
VILLA D’ESTE
Voluta dal cardinale Ippolito II d’Este, nominato Governatore civile della città di Tivoli da papa Giulio III, che lo volle in questo modo compensare dopo averlo sconfitto nella corsa al soglio pontificio, la Villa fu elaborata dal napoletano Pirro Logorio. Questi affidò il restauro del convento benedettino all’architetto G. A. Galvani, mantenendo per sé la realizzazione del magnifico giardino. Passata alla morte del cardinale nelle mani dei parenti, Alessandro e Luigi, passò poi agli Asburgo parenti di Maria Beatrice, ultima Este. Venne parzialmente salvata dal cardinale de Hohenlohe, che ne rinverdì i fasti ospitando anche il compositore Franz Liszt. Nel 1919 in base al trattato di St. Germain lo Stato Italiano ne entrò in possesso. Il lavoro compiuto dal Ligorio fu veramente notevole: si trattava di superare molti problemi pratici e cominciò creando l’alto terrapieno del giardino, utilizzando le vecchie mura urbane come contrafforti, scavò sotto la città di Tivoli una galleria lunga 600 m che dal bacino dell’Aniene portava una mole incredibile d’acqua fino alla vasca sopra la fontana dell’Ovato, convogliò l’acqua della sorgente Rivelese fino alle cisterne della Villa e calcolò esattamente quanta acqua ci sarebbe voluta per realizzare tutti i giochi che aveva in mente, usando solo il principio dei vasi comunicanti. Si avvalse anche della collaborazione di valenti idraulici quali Giacomo della Porta e Claude Venard, che realizzò l’organo idraulico. Ma quello che impressiona ancora di più sono i numeri: 35.000 mq complessivi di giardini, 250 zampilli, 60 polle d’acqua, 255 cascate, 100 vasche, 50 fontane, 20 esedre e terrazze, 300 paratoie, 30.000 piante a rotazione stagionale, 150 piante secolari ad alto fusto, 15.000 piante ed alberi ornamentali perenni, 9.000 mq di viali, vialetti e rampe.
VILLA GREGORIANA
L’odierna villa Gregoriana nasce dalla necessità di difendere la città di Tivoli dalle piene rovinose dell’Aniene, e dal piacere di un papa camaldolese, Gregorio XVI di abbellire l’utile con il dilettevole, senza badare a spese. Agli inizi dell’800, sui ruderi della villa di Manilio Vopisco e di altri edifici di età romana furono piantate nuove essenze e attrezzati percorsi, vialetti, scale e ambienti di servizio. Ma fu la deviazione e la canalizzazione in due cunicoli artificiali delle acque dell’Aniene, voluta da Gregorio XVI sotto il monte Catillo dopo l’alluvione del 1835, a rendere unica la passeggiata, inserita sin dal ‘700 nei grand tour dei visitatori stranieri. Dopo un accurato quanto provvidenziale intervento di bonifica da parte del F.A.I. (Fondo Ambiente Italiano), dal 2005 il sito è stato riaperto al pubblico.
ABBAZIA DI CASAMARI
Il nome Casamari è di origine latina e significa “Casa di Mario”, patria di Caio Mario, celebre condottiero, sette volte console e avversario di Silla nella guerra civile dell’88 a.C. Con la decadenza dell’Impero romano e le invasioni barbariche il sito decadde, fino a quando i monaci benedettini nell’XI secolo vi s’insediarono e vi fondarono la chiesa (1005) e il monastero (1036). Tra il 1140 ed il 1152 i monaci benedettini si sostituirono ai monaci cistercensi. Dopo il 1717 l’abbazia conobbe un piccolo periodo di prosperità, avendola Clemente XI affidata ai monaci cistercensi riformati, detti trappisti. Nel 1799 i soldati francesi la depredarono. Dal 1874 l’abbazia è Monumento nazionale.